La casa: caverna, tana, rifugio, buco delle emozioni, buco della vita.

Per alcuni di noi è un'entità inesistente, non c'è proprio: questi soggetti vivono saltando da un punto all'altro del pianeta con mete più o meno effimere, come eterni Peter Pan senza necessità o meglio senza voglia di fermarsi e guardarsi dentro, di raccogliersi in uno spazio-tempo concluso.

Per molti, i più forse, la casa invece è l'esplicitarsi della parte più intima e spontanea di sé, ed allora, lì, per me, architetto, inizia la vera avventura della scoperta del puzzle che ricompone bisogni, desideri, sfumature e gusti del carattere del mio committente.

Quante cose mi raccontano sempre le case!

Il piacere di leggere: ecco una miriade di libri radunati in modo perfettamente allineato oppure aggrovigliati l'uno sull'altro.

Il piacere di fotografare: reportage di viaggi alle pareti. Il sapere dell'attimo che fugge anche nella vita di tutti i giorni: fotografie, ritratti, i bambini che crescono i nonni che invecchiano, la vita scorre e si racconta.

Il piacere di cucinare: pentole, piatti, utensili da esporre, spezie, profumi, libri di cucina, la gioia di regalare piacere a sé e agli amici anche con la preparazione dei cibi.

Il piacere di apparire e comparire: abiti, cinture, cappelli scarpe a miriadi, radunati con il rigore di una biblioteca.

Il bello fine a sé stesso: raccolte di dipinti e oggetti preziosi per il gusto di guardare e di essere mostrato nella vita tutto scorre freneticamente: le CASE restano lì, contenitori vuoti che si animano e ci raccontano lo scorrere della nostra vita ai nostri occhi e con i contenuti che noi vi riponiamo.

Ciò che si percepisce di una casa è l'intimo di chi vi abita, la casa delinea il carattere di una persona e l'architetto può solo modulare la costruzione di questo spazio, ma non mutarne le caratteristiche: la casa è lo spazio dell'utente e non dell'architetto.

Io vivo così il rapporto con i miei clienti.

Maria Flavia